• giovedì , 28 Marzo 2024

Dirigenti per una buona scuola

di Antonio Santoro

Il disegno di legge sulla “buona scuola” è stato approvato dalla Camera dei Deputati, ma le polemiche continuano, sempre più “vivaci”. Continua un “confronto” che sembra talvolta un dialogo tra sordi: non sposta di un millimetro le posizioni iniziali e si sviluppa il più delle volte in maniera inadeguata. Per varie ragioni: per la presenza di qualche apprendista stregone in posizione strategica, per la cattiva abitudine a semplificare banalmente la complessità delle cose, e infine per una disponibilità all’ascolto che genera la stessa “interazione produttiva” della realizzata consultazione pubblica.
Si parla di riforma della scuola, ma al tempo stesso si dice, da più parti, che non si tratta di una vera riforma (“la nuova legge sulla scuola – ha dichiarato di recente l’ex Ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza – non la chiamerei riforma”) : forse ha ragione Salvatore Settis quando afferma che “riformare la scuola significa avere un’idea di Italia (e di cittadinanza), un’idea che purtroppo ci manca”.
Schiacciati sui problemi e sulle preoccupazioni del presente, restiamo ancora ai margini delle consapevolezze che delineano, in vario modo, il futuro diverso del sistema scolastico: un futuro che vede la scuola pubblica sì sopravvivere (il tema della “morte della scuola” mi pare torni solo nella riflessione di Zygmunt Bauman) ma con nuovi profili ordinamentali e organizzativi (N. Bottani), che parla di auto-organizzazione dell’apprendimento da parte degli studenti (S. Mitra) e che conseguentemente caratterizza e qualifica la funzione specifica dei docenti sui versanti della organizzazione e della gestione di apprendimenti personalizzati (A. Sliwka).

Uno degli aspetti più controversi del DdL sulla “buona scuola” riguarda, com’è noto, l’attribuzione al dirigente scolastico di nuove competenze e di nuove responsabilità: la più contestata delle quali sembra essere quella che conferisce al ds il potere di proporre gli incarichi triennali di insegnamento “ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale di riferimento, anche tenendo conto delle candidature presentate dai docenti medesimi”. Nuovi compiti, quindi, che suscitano tuttavia non poche perplessità per ragioni non sempre evidenziate: ad esempio, perché paiono secondare, di fatto, la prospettiva, discutibile e preoccupante, di una progressiva, prevalente caratterizzazione della dirigenza scolastica entro la dimensione burocratico-amministrativa.

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