• mercoledì , 24 Aprile 2024

Formazione in servizio

per una  nuova professionalità docente

di Antonio Santoro

Per una “buona scuola”, la formazione in servizio (FIS) dei docenti di ruolo torna ad essere, secondo l’auspicio dei più, “obbligatoria, permanente e strutturale”: con la precisazione che le relative attività devono essere “definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di miglioramento delle istituzioni scolastiche previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80, sulla base delle priorità nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria” (Legge 13 luglio 2015, n. 107, art. 1, c. 124).
Torna, dunque, la FIS ad essere strutturalmente collegata alle prospettive di qualificazione del sistema educativo nazionale e, ancor più, agli orizzonti di miglioramento continuo della proposta formativa della singola scuola. Riferita, soprattutto, alle esigenze specifiche della realtà organizzativa, conformemente ad una scelta da tempo maturata in molti Paesi dell’area Ocse, la si vuole centrata, finalmente, sui rilevati bisogni di crescita dell’istituzione scolastica e sulle necessità di sviluppo professionale dei suoi insegnanti.
La FIS dei docenti torna a ricevere una considerazione adeguata, di assoluto rilievo, anche per il diffuso, radicato convincimento che “la formazione iniziale (quella universitaria) non può formare dei professionisti (della didattica), ma può avviare alla professionalizzazione”. Insomma, può solo proporre “percorsi e dispositivi che preparino ad una crescita professionale, all’elaborazione di un proprio fare professionale e a un atteggiamento riflessivo, che saranno attualizzati solo quando i soggetti entreranno nel mondo del lavoro” (1).
La riaffermata centralità della formazione in servizio degli insegnanti sottolinea perciò, ancora una volta e significativamente, che “la professionalità si sviluppa (soprattutto) in una comunità professionale e in un contesto lavorativo” (2), cioè nella concretezza delle dinamiche relazionali e delle situazioni operative, le quali sempre richiedono e solleticano il dialogo, l’osservazione, la riflessione, l’impegno condiviso di ricerca e di elaborazione di soluzioni viepiù rispondenti ai bisogni dell’organizzazione e alle istanze di educazione e di istruzione degli studenti.
La rinnovata attenzione nei confronti della FIS esprime sostanzialmente, in linea generale, la speranza e l’attesa di insegnanti sempre più <preparati e motivati>, vale a dire di docenti capaci:
“di comprendere le nuove funzioni dell’insegnamento e della scuola, (di) assumere un approccio didattico innovativo, (di) far uso di un ampio repertorio di metodologie, non escluse quelle tradizionali, selezionandole, combinandole e modulandole secondo le situazioni” (3);
e quindi di “guidare la rivoluzione pedagogica della conoscenza e del pensiero” (4).

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