• venerdì , 19 Aprile 2024

L’integrazione delle culture

e la bellezza da insegnare

di Antonio Errico

Ci sono lezioni che esprimono visioni del mondo e della vita, superano le occasioni da cui sono determinate e si proiettano nel tempo, costantemente rinnovandosi e modulando i loro significati in relazione alle situazioni sociali, al divenire delle condizioni culturali, talvolta anche decontestualizzandosi e componendosi in una sintesi essenziale che, in quanto tale, si costituisce come riferimento fondamentale per un’opera, un mestiere.
Quella di don Lorenzo Milani è una lezione così: una traccia dalla quale sarebbe superficiale discostare il passo.
Mentre cercavo tra i suoi libri qualcos’altro, ho trovato una frase che non conoscevo o che avevo dimenticato; questa: “il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i segni dei tempi, indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno domani e che noi vediamo solo in confuso”.
Se questo è stato vero da quando in una grotta preistorica o sotto l’ombra di un albero qualcuno insegnò qualcosa a qualcun altro, forse facendogli osservare un filo d’erba o il brillare lontano di una stella, ora diventa più vero di quanto lo sia sempre stato, per il fatto che ora, forse più che in ogni altro tempo, il vedere oltre, il prefigurare, l’ipotizzare si rivela un processo ancora più complesso in quanto per nulla lineare e prevedibile è lo sviluppo della dimensione sociale e culturale, il modo con cui avverrà questo sviluppo, l’apparato di strumenti con il quale sarà supportato, la sua portata, la sua durata.
Ma se prevedere è più difficile, forse significa che è anche più necessario, probabilmente indispensabile.

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