• venerdì , 19 Aprile 2024

Subdoli tentativi di spoliazione della dirigenza scolastica

di Francesco G. Nuzzaci

Rassicuriamo subito il lettore che non riproporremo di certo le argomentazioni a sostegno dell’inclusione della dirigenza scolastica nel ruolo unico della dirigenza statale. Se ha bisogno dell’antefatto, potrà riportarsi ai nostri due interventi nei numeri di giugno e luglio 2014 di questa rivista. Perché – è il caso di dire – altro che ruolo unico!
E difatti l’ultima chicca è del sottosegretario Davide Faraone, dopo il fragore del suo esordio, sul valore formativo delle occupazioni studentesche: I dirigenti scolastici non devono essere dei manager, ma dei sindaci della comunità scolastica!
Ci sarebbe per intanto da domandarsi se il fedelissimo di Matteo Renzi abbia letto ciò che è scritto nel programma La buona scuola, laddove invece si vuole mantenere e rafforzare le indiscutibili competenze gestionali necessarie al dirigente scolastico per promuovere l’efficienza di un’organizzazione complessa, in uno con la valorizzazione e la salvaguardia delle competenze professionali connesse alla promozione della didattica e della qualificazione dell’offerta formativa, siccome pieno responsabile della gestione generale e della realizzazione del progetto di miglioramento definito sulla base della valutazione.
Sta di fatto che questo mirabile exploit – sempre che il nostro Presidente del Consiglio non abbia medio tempore mutato avviso – costituisce il più autorevole avallo alla proposta di legge d’iniziativa popolare, che sta velocemente circolando nelle scuole e sulla stampa: quella del preside elettivo; prontamente sostenuta dalla CGIL Scuola, il più forte sindacato di comparto, che già l’aveva lanciata negli anni Settanta del secolo scorso, nel mentre CISL, UIL e SNALS restano defilati, se non completamente silenti. CGIL che- grazie al mirabile autolesionismo dei colleghi – cumula un tasso di rappresentatività della categoria vicino al 55%, e quindi può fare e disfare le carte. Della dirigenza scolastica non gliene può fregar di meno!
E difatti, con il pretesto di liberarla dalle molestie burocratiche che la astringono, la si vuole spogliare di tutte quelle competenze di tipo gestionale e organizzativo che costituiscono il connotato tipico di ogni dirigenza, sino a proporre -con piena coerenza, perché c’è una logica in questa follia- l’abrogazione secca dell’articolo 25 del D. LGS 165/01, punto o poco preoccupandosi che in tal modo si disintegra l’intero assetto dell’autonomia scolastica, peraltro costituzionalizzata, e di cui nella predetta proposta di legge non vi è la benché minima menzione. Di modo che il preside, completamente svincolato da ogni incombenza burocratico-amministrativa-contabile-negoziale, in una parola gestoria e organizzatoria, possa esclusivamente dedicarsi al coordinamento della didattica, secondo un modello già superato dai decreti delegati degli anni Settanta (cfr. art. 3 del D.P.R. 417/74, ora trasfuso nell’art. 396 del D.LGS 297/94) e risalente al Regio decreto 30.04.1924, n. 965, artt. 10 ss.: di un soggetto preposto alla conduzione – collegiale – della struttura didattica e – gerarchicamente sottoposto al provveditore – alla struttura amministrativa dell’istituto, con funzioni di sovraintendenza al buon andamento didattico, educativo e amministrativo.
E’ di tutta evidenza che – ragionandosi in una logica di sistema, che rifugge da facili accattivanti slogan – trattasi di pure farneticazioni, siano esse il frutto di ingenuità o di aperta malafede, quand’anche sembrino astrattamente una plausibile reazione nei confronti di chi tende alla completa omologazione della dirigenza scolastica con la dirigenza amministrativa, secondo il mantra per cui l’unica dirigenza vera è quella burocratica, garante della sola legittimità formale degli atti e della regolarità delle procedure, cioè legata alla cultura dell’esatto adempimento.

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