• giovedì , 25 Aprile 2024

Je suis Charlie. O no?

di Rita Bortone

Da che parte stai?

Non so se tutti ci siamo sentiti in sintonia col Je suis charlie che si è arrampicato sull’arco di trionfo a Parigi, che ha percorso le varie manifestazioni di piazza e i nostri contatti fb, che ha cinguettato sui nostri cellulari: ma lo sgomento, o la paura, o la rabbia, o il senso di impotenza ci hanno sommerso comunque.

Poi le emozioni hanno lasciato il posto alla ragione e ne sono nate domande difficili, e di difficile risposta.

Sul senso della laicità e del relativismo, sulla loro inadeguatezza a spiegare le ragioni dell’altro, e sulla difficoltà di accettare e legittimare le diversità quando svelano dimensioni esistenziali che negano di fatto il nostro stesso diritto di esistere.

O sul senso della libertà di stampa e di espressione, diritto inalienabile, fondamento di democrazia: ma non esiste confine tra satira e dileggio, tra libertà e cattivo gusto, tra il colpire i comportamenti e il colpire le fedi e le coscienze? Non esistono altri limiti se non quelli posti dalla legge? Non esiste nulla che vada “preservato”?

E sugli integralismi vicini, oltre a quelli lontani: sì, è chiaro che io sono contro il terrorismo, contro il fondamentalismo, contro la strage! Ma perché non posso azzardare un pensiero critico contro Charlie senza sentirmi accusare di voler giustificare la strage? Perché devo essere intruppata in schiere e sotto slogan che non mi rappresentano?

O ancora domande su cosa può dare senso a ciò che accade, su quali categorie adottare per interpretare eventi che appaiono non solo inaccettabili, ma anche incomprensibili: è la conquista della Francia da parte dell’Islam, come in “Sottomissione” di Houellebecq? E’ la caduta della illuministica civiltà occidentale e la sua resa alla crisi economica, morale, culturale che la attraversa? E’ la lotta tra i lumi della ragione e il buio del fondamentalismo religioso? E’ una guerra? Di chi contro chi? O è un progetto politico vasto e oscuro che utilizza, come tante altre volte nella Storia, la religione come instrumentum regni, come forma di mobilitazione politica?

Ma a fronte della molteplicità delle domande possibili, appare sempre più difficile lo scambio di riflessioni analitiche, e sempre più facile l’ammucchiata indistinta sotto slogan sommari e sotto bandiere sventolate dalla pancia.

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