• venerdì , 19 Aprile 2024

Chi forma chi, su cosa e perché

ovvero la nota ministeriale del 27 novembre

di Rita Bortone

Disonestà di lingua, vuoto di idee o che altro?

La Nota Ministeriale del 27 novembre 2014, indirizzata ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali ed inviata per conoscenza a tutte le Istituzioni scolastiche, ha un oggetto lungo e linguisticamente discutibile: Piano di formazione del personale docente volto ad acquisire competenze per l’attuazione di interventi di miglioramento e adeguamento alle nuove esigenze dell’offerta formativa.
Ma la tortuosità linguistica dell’oggetto non è nulla al confronto con le tortuosità interne alla stessa nota, tant’è che sul sito della rivista Internazionale si può gustare un articolo del docente universitario Claudio Giunta, pubblicato il 23 dicembre (La lingua disonesta: come scrivono al ministero dell’istruzione), che impietosamente ironizza sulle scelte lessicali e sintattiche del documento e sulla sua totale inefficacia sul piano comunicativo.
Il fine della nota è, a grandi linee, quello di avviare un Piano di formazione destinato a docenti che possano ricoprire incarichi di coordinamento e di collaborazione all’interno dell’Istituto e possano poi a loro volta formare altri docenti.
La realizzazione del Piano è affidata agli USR che provvedono con apposito bando ad acquisire le candidature di Istituzioni Scolastiche ed Educative statali o loro reti, avviando nel corrente anno scolastico e in tempi utili, le procedure di selezione per consentirne la realizzazione (…). E’ prevista l’attivazione di n. 1 corso per Regione con un finanziamento di € 33.000 da destinarsi alla istituzione scolastica o scuola capofila di rete prescelta.
Le osservazioni di Claudio Giunta sulla lingua del documento meriterebbero d’esser lette anche solo per l’ilarità che suscitano, ma la lettura della nota ha generato in me anche un grande sgomento: all’inizio pensi d’essere tu che sei distratto e non riesci ad afferrare il senso delle parole; poi ti accorgi che, anche se ti concentri, il senso delle parole non lo capisci lo stesso, e ti chiedi se ciò che non va sta in te o nel documento. Alla fine rinunci a decodificare espressioni come: Reti di istituzioni scolastiche ben organizzate, facendo ricorso ove possibile alle risorse interne, favoriscono la valorizzazione delle specificità professionali presenti nel territorio in funzione di supporto alle esigenze di rinnovamento e arricchimento dei curricoli, di iniziative progettuali, di miglioramento dell’azione educativa e dell’efficienza organizzativa del servizio scolastico, o come: La formazione degli insegnanti contribuisce, ad esempio, ad attuare significativi interventi nel campo di un orientamento che guardi alle connotazioni delle professioni, che possono trovare spazio con l’utilizzo delle quote di flessibilità praticabili dalle scuole autonome, e accetti di formulare qualche ipotesi interpretativa sulla base di quanto già sai, o pensi di sapere, sull’argomento.
L’opinionista di Internazionale imputa tale disastro linguistico a disonestà e codardia: …è la lingua disonesta di chi non sa bene che fare, non ha le idee chiare, non vuole assumersi le responsabilità che gli competono (…). Anch’io sono convinta che i discorsi ridondanti e contorti generalmente mascherano la confusione o il vuoto di idee, ma in questo caso specifico penso cose anche più gravi: che al Ministero vogliano in sostanza fare qualcosa che appaia coerente con la buona scuola, ma vogliono farlo in tempi brevi, con pochi soldi (come al solito) e senza aver maturato idee chiare. Ne vengono fuori, ahimè, azioni improvvisate e arrangiate che non solo appaiono inaccettabili nella lingua con cui sono descritte, ma che rivelano, ad un’analisi più approfondita, gravi falle sul piano della progettazione, della fattibilità, delle ricadute, cioè di quell’efficacia che esse stesse dicono di voler perseguire.
La frettolosità e l’incompetenza sono brutte bestie, ma non si può nascondere che questa nota ministeriale ha da un lato il sapore della frettolosità e dell’arrangiamento, dall’altro sembra scritta da persone che non hanno più idee di quante ne ho io o ne hai tu, e la cui idea di scuola non è più buona della mia o della tua. Le tendenze non vengono affatto invertite: questa nota, come tante precedenti di tanti governi precedenti, sembra nata dalla demagogica volontà di fare per fare, di fare subito per apparire, di fare purché si possa dire di aver fatto. Ma non è questo che serve per il miglioramento auspicato.

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