• venerdì , 29 Marzo 2024

L’età dell’esperienza

A cinquant’anni dalla nascita della Scuola materna statale, una riflessione sull’istituzione di base del sistema educativo italiano

Di Lucia Magaldi, dirigente scolastica

 

Che fossero Giardini d’infanzia, Case dei bambini, Asili, Scuole materne e dell’infanzia restano, comunque, gli antesignani del Sistema integrato di educazione e istruzione 0-6.

Gli eventi celebrativi per i cinquant’anni della Legge n. 444 del 18 marzo 1968, organizzati in ogni parte d’Italia, dimostrano il prezioso apporto dato all’istituzione scolastica da questa norma, che si nutre dei lasciti delle precedenti esperienze didattiche, rappresentando una pietra miliare nella vita politica, economica e sociale.

 

La storia viene da lontano: affonda le sue radici nel maternage, nelle maestre dei piccoli e nelle tagesmutter europee non ancora unificate sotto la bandiera azzurra a stelle gialle; e ancora, nell’impegno di pedagogisti pionieri nell’educazione scolastica infantile, quali Ferrante Aporti, Maria Montessori, le sorelle Carolina e Rosa Agazzi. S’intreccia con la biografia dell’Italia post-bellica e dei bambini che odoravano di borotalco e di stalla, ma anche con la stagione delle riforme di Andrea Canevaro, Cesare Scurati, Franco Frabboni.

 

Sono i favolosi anni che annunciano, con la Legge 6 dicembre 1971 n. 1044, la nascita dei “nidi”:  l’assistenza ai bambini fino a tre anni di età, nel quadro di una più ampia politica per la famiglia, costituisce un servizio a domanda individuale ma di interesse pubblico.

Segue l’epoca degli Orientamenti dell’attività educativa nelle scuole materne statali (1991), apprezzati dall’UNESCO e declinati dai progetti ASCANIO, ALICE, ARCOBALENO, HOCUS e LOTUS, PON, PNSD,  fino alle Indicazioni Nazionali o al RAV di ultima generazione.

La scuola italiana vuole “indossare l’abito della festa per il gran ballo”, svincolata dall’idea di scuola del trastullo, tipica del R.D. 1928 dell’allora re Vittorio Emanuele III,  per diventare cerniera tra sezione primavera e primaria.

 

Oggi rappresenta la maggior azionista delle quote scolastiche, in forza del suo 61% contro il 30% della paritaria e il 9% della comunale. Accoglienza, integrazione, attenzione, cura, appartengono al nuovo lessico pedagogico che punta allo sviluppo di identità, autonomia, competenza e cittadinanza: un itinerario olistico in cui il bambino e la bambina sono soggetti portatori di diritti inviolabili e gli adulti sono registi del processo di crescita, incoraggianti e rassicuranti nel dialogo con le famiglie e con le agenzie del territorio.

Insigni pediatri esaltano l’I CARE del contesto delle scuole dell’infanzia e sottolineano l’obiettivo del ben-essere, quasi una cornice emozionale entro cui promuovere la crescita del singolo e della comunità educante. La giornata tipo, di cinque o otto ore, non soddisfa solo l’esigenza dell’utenza, ma traduce le istanze  psico-pedagogiche dell’età evolutiva.

Le attività di routine, il momento del pasto, il riposo, dicono tanto sull’impegno profuso.

 

“Il bambino è il padre dell’uomo”, non un adulto-bonsai orgoglio di genitori o nonni  alteri, e la scuola dell’infanzia non è un’area-giochi o un incubatore di virus.

 

L’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico, introduce l’istituto dell’autonomia in sezioni costituite di norma con numeri non superiori a ventisei alunni, fatti salvi i parametri invocati dalla presenza di disabili.

 

L’orario è proposto in quaranta o più ore settimanali a tempo normale e venticinque a tempo ridotto. Al fine di corrispondere alle esigenze familiari, sono attivate le sezioni primavera di cui alla Legge n. 296 del 27 dicembre 2006, stante la disponibilità dei locali e l’idoneità della dotazione dei materiali sotto il profilo dell’agibilità e funzionalità tali da assecondare le richieste di bambini e bambine in età prescolare.

I traguardi indicati nei documenti ufficiali sono chiari, anche quando si parla di avvio al pensiero computazionale e coding. Negli atti di rango secondario, autoprodotti, vengono enunciati sommari riferimenti a criteri di valutazione, ma la soddisfazione dell’utenza, tradotta dalla locuzione custmer satisfaction, ha generato  una cultura del controllo anche dove lo storico sconta l’equivoco del vaglio delle azioni professionali: con il RAV, il rapporto d’autovalutazione, anche questo settore riconosce l’oggettività degli esiti della performance.

Il 5 ottobre di ogni anno ricorre la Giornata mondiale dell’Insegnante, che vuole ricordare le esperienze formative: quelle di migliaia di docenti che amano il proprio lavoro e riversano tutto l’amore sui piccoli.

Lo stile educativo può essere opinabile, ma il curriculum delle competenze si performa sulla base delle esperienze e raggiunge l’apice nel compito concreto assegnato al bambino o alla bambina in un contesto ludico-cognitivo, affinché possano diventare persone serie, oneste e responsabili.

La previsione non dà adito a dubbi ermeneutici: il successo è garantito, per altri cinquant’anni.

 

Fonti normative

Legge 6 dicembre 1971 n. 1044

Legge 18 marzo 1968, n. 444

Decreto Ministero dell’Istruzione 3 giugno 1991

                       

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