• venerdì , 26 Aprile 2024

L’esperienza dell’incertezza

di  Antonio Errico

In un libro che s’intitola Un cerino nel buio (Bollati Boringhieri, Torino, 2008) viene riportata una conversazione fra l’autore Franco Brevini e il filosofo della scienza Mauro Ceruti. A un certo punto Brevini dice che nei momenti di crisi profonda gli animali troppo specializzati, come quei dinosauri che si cibavano esclusivamente delle piante verdi la cui riproduzione era inibita dall’oscurità che si era rovesciata sulla terra, sono i primi ad essere danneggiati. Gli animali versatili, invece, quelli flessibili, capaci di adattarsi ai nuovi contesti, hanno maggiori possibilità di farcela, com’è accaduto ai mammiferi da cui discendiamo, i ratti del mesozoico.

Ceruti, da parte sua, sostiene che questa legge della natura può essere applicata alla specializzazione nella formazione, nella cultura che, quando è troppo circostanziata, quando non ha una prospettiva d’insieme, trasforma le cose apprese in una prigione da cui non si riesce ad evadere. L’iperspecializzazione non consente di vedere i nessi, le interconnessioni, gli intrecci. Per questa ragione, la scuola deve realizzare una formazione che consenta l’apprendimento durante tutto l’arco della vita, una competenza finalizzata allo sviluppo non solo delle conoscenze, ma anche della stessa capacità di conoscere.

Ora noi viviamo un tempo di crisi profonda. Non mi riferisco alla crisi economica, alle molteplici crisi che feriscono il corpo sociale, ma ad un’altra crisi, forse anche più complessa, destinata ad amplificarsi, che si può sintetizzare nell’interrogativo che riguarda la fisionomia culturale che serve già oggi e che più di oggi servirà domani nei contesti socio-lavorativi, senza dubbio, ma anche nella configurazione di personalità che siano in grado di confrontarsi con l’esperienza dell’incertezza, con quella dell’incontro con culture “altre”, con la rapidissima evoluzione dei linguaggi e  degli strumenti del sapere.

Probabilmente è da almeno due decenni che non ha più senso elaborare rigide distinzioni tra una formazione marcatamente specialistica e una a struttura trasversale. Già  questo presente storico, sociale, culturale richiede una formazione che integri la specificità delle conoscenze con la flessibilità degli stili di pensiero, con l’adattabilità dei comportamenti, con la capacità di mediare fra tradizione e transizione, fra l’acquisito e la tensione della ricerca che talvolta può anche scombinare l’acquisito, fra il vecchio e il nuovo che non devono contrastarsi ma combinarsi in una dimensione  equilibrata, consistente, resistente.

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