• venerdì , 26 Aprile 2024

Personalizzazione e programmazione di inizio d’anno

di Antonio Santoro

Ormai lo dicono in molti: se c’è un futuro per la scuola (e non solo per la nostra scuola) nella contemporanea società dell’incertezza, questo dipende non poco, se non esclusivamente, dalla capacità e dall’impegno dell’istituzione di personalizzare la sua offerta formativa, cioè di definire e quindi attuare una proposta di sviluppo in grado di considerare, sempre, le condizioni effettive degli allievi, i traguardi a cui sono via via pervenuti, la specificità delle loro intelligenze e delle loro attitudini, le opportunità di crescita presenti in contesti di vita che sempre più diversificano, con maggiore o minore consapevolezza, i luoghi dell’educare e dell’istruire (“I sistemi di istruzione – ha ricordato di recente Giovanni Solimine –, pur essendo fondamentali, non coprono da soli – né, ovviamente, lo possono fare in modo perenne – tutte le funzioni formative di una società e non forniscono tutte le competenze funzionali richieste dal sistema produttivo e dalla società, nel suo insieme e nelle sue articolazioni. Nessuna formazione, per quanto approfondita, può dirsi ‘definitiva’. Del ‘sistema formativo allargato’ fanno parte anche altri servizi di mediazione informativa e documentaria, pubblici e privati” (1).

Per dirla in altri termini, la frequenza scolastica potrà continuare ad avere  significatività e rilievi personali e sociali solo se il sistema educativo formale riuscirà a generalizzare il riferimento a pratiche pedagogiche capaci di promuovere “la conoscenza e i comportamenti degli alunni nel rispetto dei loro ritmi di crescita e stili di apprendimento, degli ambienti di provenienza, delle aspettative personali e delle famiglie”. Insomma, se in ogni scuola si creeranno le condizioni per la presentazione di una pluralità di “offerte didattiche in modo che ciascuno si avvalga di quella che gli è più congeniale e gli consenta di apprendere in modo più efficace”, e quindi “di raggiungere risultati prefissati (e attesi) attraverso una molteplicità di percorsi” (2), ma al tempo stesso di coltivare e potenziare progressivamente le doti di cui dispone.

Istanze di cambiamento migliorativo e attese, dunque, non si limitano più ad esprimere la richiesta di messa in campo di procedure di individualizzazione dell’insegnamento scientificamente accreditate, allo scopo di portare gli allievi a quelle conquiste e acquisizioni culturali ritenute indispensabili per l’esercizio di una cittadinanza attiva e consapevole, per una partecipazione piena alla vita civile nella società della postmodernità; ma sollecitano pure, e decisamente, l’assunzione della prospettiva, auspicata da Charles Leadbeater, di una <personalizzazione forte>, da identificare “in un’esperienza di <co-creazione di valore>: non solo una semplice possibilità di scelta, ma la messa a punto di ambienti e condizioni adatti a sostenere l’elaborazione del sapere in funzione dello sviluppo del potenziale creativo di ogni persona. Solo con questo tipo di personalizzazione, a giudizio di Leadbeater, si possono formare le buone abitudini che serviranno all’individuo per apprendere lungo tutta la vita e per partecipare, discutere e condividere con gli altri (<aver voce in capitolo>) le sorti della società” (3).

Quando si ragiona di futuro della scuola, e di efficacia del servizio scolastico nel tempo presente, si pensa perciò a realtà istituzionali che sappiano considerare la qualità dei loro interventi formativi soprattutto “in relazione alla rilevanza e significatività per <quella> persona”, cioè con riferimento alle originalità del singolo studente, e che riescano, conseguentemente, ad esprimere una concezione qualitativa dell’equità attraverso la realizzazione di “piani operativi” finalizzati a consentire a ciascuno di ricevere “ciò di cui ha effettiva necessità rispetto non solo alle peculiarità individuali ma anche alle esigenze di una società meno statica e uniforme rispetto a quella del passato” (4).

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