• martedì , 19 Marzo 2024

Don Milani: l’uomo e il precettore nel ritratto di Leo Muscato e Luigi D’Elia

di Vincenzo Sardelli

 

VANGELO SECONDO LORENZO
di Leo Muscato e Laura Perini
con Alex Cendron nella parte di don Lorenzo Milani
con (in ordine d’apparizione) Alessandro Baldinotti, Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Nicola Di Chio, Silvia Frasson, Dimitri Frosali, Fabio Mascagni, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Beniamino Zannoni
e con i bambini Sebastiano Daffra, Olivia Fantozzi, Lio Ghezzi, Sebastian Mattia Knox, Andrea Pillitteri, Emily Tabacco, Samuel Zinicola
regia Leo Muscato
scene Federico Biancalani
costumi Margherita Baldoni
disegno luci Alessandro Verazzi
assistente alla regia Alessandra De Angelis
formazione Luisa Bosi, Laura Croce
assistente costumista Marta Genovese
macchinisti costruttori Lorenzo Banci, Leonardo Bonechi
direzione di scena Lorenzo Galletti
elettricista Marco Messeri
macchinisti Marco Campora, Luca Giovagnoli
montaggio sonoro Vanni Cassori
sarta Marta Genovese
direttore di produzione Gianluca Balestra
organizzazione Lucia Guida
comunicazione Alessandro Iachino
foto Ilaria Costanzo
coproduzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Arca Azzurra Teatro, Teatro Metastasio di Prato
per Fondazione Istituto Dramma Popolare di San Miniato

durata: 2 h 40’

Info: Elsinor produzioni, tel. 02 6901 5733

Età: dai 10 anni

 

CAMMELLI A BARBIANA – Don Lorenzo Milani e la sua scuola
di Francesco Niccolini e Luigi D’Elia
con Luigi D’Elia
regia Fabrizio Saccomanno
distribuzione INTI
una produzione Thalassia – TEATRI ABITATI
con la collaborazione della Fondazione Don Lorenzo Milani

durata: 1h
Info: promozione.inti@gmail.com- tel. 340.0552780

Età: dai 10 anni

 

Abstract

Ad oltre cinquant’anni dalla morte, la figura di don Lorenzo Milani è ancora di straordinaria attualità. Un uomo forte, un insubordinato, ma sempre un grande educatore, portato in scena in due performances, diverse ma entrambe in grado di restituire la psicologia di un personaggio complesso, del quale la Scuola italiana avrebbe oggi un immenso bisogno.

 

«Ridare ai poveri la parola, perché senza la parola non c’è dignità e quindi neanche libertà e giustizia: questo insegna don Milani. Ed è la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro, e alla piena appartenenza alla Chiesa, con una fede consapevole»: così, ponendo fine a una lunga stagione di incomprensioni, Papa Francesco commemorò don Lorenzo Milani il 20 giugno 2017, in occasione dei cinquant’anni dalla morte.

«Mi capiranno tra cinquant’anni»: lo stesso don Milani lo aveva vaticinato, con i suoi consueti toni provocatori, pochi giorni prima della scomparsa a soli 44 anni, il 26 giugno del 1967.

 

Era un prete sui generis. Un personaggio di quelli che dividono, come tutte le figure profetiche. Ancora adesso, c’è chi lo adora e chi lo detesta. Era ortodosso nella sostanza, eretico nella forma. Censurava la borghesia, da cui proveniva. Era rapito dalla messa, dai Vangeli e dalla liturgia. Ma il suo apostolato lo svolgeva tra la cattedra e i banchi, piuttosto che tra l’altare e il confessionale. Che poi a Barbiana, dove realizzò la sua attività pedagogica e didattica, i banchi e la cattedra neppure c’erano. E neanche la lavagna, i registri e i voti. La scuola era in ogni caso il luogo della sua missione, il modo con cui esprimeva il suo carisma sacerdotale.

Stava dalla parte degli sfruttati contro gli sfruttatori, dei sindacati contro i padroni. Deplorava le intrusioni della Chiesa nella politica. Eppure, in modo sottile, anch’egli faceva politica. Professava obbedienza e disciplina, e intanto sferzava i superiori. Era deferente verso la parola che rende liberi, eppure ogni tanto gli scappava qualche parolaccia.

 

Istitutore, educatore, don Milani corredava il metodo scientifico di passione e sarcasmo. Era duro, affilato, sprezzante. Giudicava senza mezzi termini. Ignorava l’arte della diplomazia. Preferiva l’azione al misticismo. Conobbe i poveri, li amò. Per loro fondò una scuola in un villaggio a una manciata di metri dal Mugello, dove era stato relegato perchè indocile alle autorità. Amava gli emarginati in modo sanguigno ed era convinto che avrebbero trionfato anche con metodi facinorosi. Il suo era un umanesimo utopico. Per questo si guadagnò la fama di prete comunista.

Dedicati a don Milani, due recenti spettacoli hanno il merito di proporne la figura nelle sfumature chiaroscurali, nella bidimensionalità umanissima di pregi e difetti, con sortite che ne sviscerano le profondità, i desideri, le angosce, la portata apocalittica. Si tratta di Vangelo secondo Lorenzo di Leo Muscato e Cammelli a Barbiana di Luigi D’Elia.

 

Vangelo secondo Lorenzo

Vangelo secondo Lorenzo – regia Leo Muscato – ph Ilaria Costanzo

Vangelo secondo Lorenzo, di Leo Muscato e Laura Perini, vede un caleidoscopico Alex Cendron nella parte di don Milani. Con lui in scena, i bravissimi Alessandro Baldinotti, Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Nicola Di Chio, Silvia Frasson, Dimitri Frosali, Fabio Mascagni, Massimo Salvianti, Lucia Socci, Beniamino Zannoni. Lo spettacolo si focalizza sugli ultimi vent’anni del priore di Barbiana, partendo da quando operò come cappellano a San Donato a Calenzano.

A dare vivacità a questo lavoro, orchestrato da Muscato con ripetuti ribaltamenti scenici  consentiti da uno sfondo tridimensionale a scatole cinesi efficacemente costruito da Federico Biancalani, è la presenza di sette bambini, Sebastiano Daffra, Olivia Fantozzi, Lio Ghezzi, Sebastian Mattia Knox, Andrea Pillitteri, Emily Tabacco, Samuel Zinicola, selezionati dallo stesso Muscato a conclusione di un laboratorio tenuto all’Istituto comprensivo Cavalieri di Milano.

 

Lo spettacolo, coproduzione Elsinor, Arca Azzurra Teatro e Teatro Metastasio, ha chiuso il 18 aprile al Teatro Franco Parenti di Milano una tournée durata due anni, con 80 repliche. Esso si focalizza sul sacerdote sempre dalla parte degli ultimi, propugnatore della lotta di classe, antimilitarista, obiettore di coscienza, animatore di un cristianesimo sociale che lo accomunava ad altre figure radicali come don Primo Mazzolari, padre David Maria Turoldo, don Zeno Saltini e don Andrea Gallo.

In Vangelo secondo Lorenzo diciotto attori danno vita e colore a oltre cento personaggi di grande vitalità, rifiniti nel carattere e sfaccettati nella personalità. Su tutti campeggia Alex Cendron, che qui ha l’occasione di mettere a frutto un percorso artistico di quindici anni, dalla commedia alla drammaturgia contemporanea, al teatro di ricerca

Il suo Don Milani è un personaggio carismatico, vibrante, a tratti ironico e accondiscendente, a tratti caustico e sgarbato, severo ed esigente, bonario e combattivo. Sempre animato da una profonda dialettica.

 

Qualche dettaglio, nell’arco dei 160 minuti dello spettacolo, appare pleonastico. Qualche aneddoto potrebbe essere tagliato. Ciononostante, i rapidi cambi di scena, i dialoghi agili, la costruzione paratattica della sceneggiatura, i grandi affreschi corali esorcizzano ogni rischio di impasse. Tutti i personaggi, nell’atto in cui interagiscono con il protagonista, ne sdoganano la personalità multiforme e ne evidenziano la psicologia complessa. Assistiamo, passo dopo passo, alle fasi della malattia, all’inesorabile declino fisico che pure non riuscì a minare lo spirito ottimistico e ad attenuare l’entusiasmo di un prete che provò a rivoluzionare il modo di fare scuola e di concepire le relazioni sociali, economiche e politiche. La regia pulita, geometrica di Muscato smorza ogni eccesso retorico e sfronda ogni surplus di teatralità per perseguire essenzialità e chiarezza.

 

Cammelli a Barbiana

Luigi d’Elia in “Cammelli a Barbiana”

Cammelli a Barbiana è un’altra prova della capacità affabulatrice di Luigi D’Elia. L’attore brindisino, supportato alla drammaturgia da Francesco Niccolini e alla regia da Fabrizio Saccomanno, costruisce uno spettacolo che, senza orpelli scenici né elucubrazioni, raggiunge spettatori di ogni età, contando solo sul potere della narrazione. Proprio con questa capacità di dominare la voce, di impostare la mimica, di orchestrare gesti e movimenti, D’Elia interiorizza la figura del priore.

Sgorgano parole che restituiscono anche qui il fervore di un uomo e di una vita, il carisma del pastore innamorato del Vangelo, il rapporto complicato con i vertici della Chiesa.

Emerge soprattutto la statura dell’educatore. A Barbiana l’aiuto reciproco era un imperativo categorico. Nessuno doveva rimanere indietro. Dominava una condivisa sete di conoscenza. Attraverso la sapienza, anche Dio era raggiungibile. I giovani imparavano a dominare la realtà e a modificarla attraverso la cooperazione. La formazione era vista come un processo che dura tutta la vita

 

D’Elia spazia tra registri stilistici e recitativi che assecondano i modi espressivi, soprattutto il temperamento multiforme del focoso sacerdote. Il suo don Milani oscilla tra dolcezza e accessi d’ira.

Il bisogno di chiarezza attraversa il personaggio e l’attore, ne incarna passioni e idiosincrasie, parole e ipocondrie. Come quando gli brillano gli occhi di fronte a un telescopio (immaginario) puntato verso le stelle. Oppure quando la sua voce tuona contro la mistica della guerra.

D’Elia incarna le ansie, i fervori, il respiro affannato, la paura, il coraggio, l’indignazione, i risentimenti di un uomo. Una vita densa di passione quella del personaggio, una performance pregna di sentimenti quella dell’attore.

C’è un vigore nuovo nello spettacolo. Il pubblico lo avverte, ne condivide il calore, reagisce con energia. Il finale intenso chiude un lavoro che è una scultura lignea, ricca di sfumature. Lo stile grezzo e qualche truciolo preservano l’odore naturale, un po’ agreste, del legno scolpito. Il monologo sarà in scena ancora a giugno, il 13 a Bergamo, il 27 a Forte dei Marmi (LU) e il 30 a Campsirago (LC) in occasione del Festival Il giardino delle Esperidi.

 

Perché li consigliamo

Attraverso la lettura del martinese Leo Muscato e del brindisino Luigi D’Elia, accostiamo la figura di un genio rivoluzionario. Un uomo che da uno sperduto esilio in montagna, con scarsissimi mezzi, ha determinato cambiamenti epocali nella scuola e nella giustizia sociale. Tanto che il suo pensiero è ancora oggi argomento di studio, in Italia e nel mondo.

Don Lorenzo realizzava il senso di giustizia nella fusione di vita vissuta, passione e pensiero. I due spettacoli ne restituiscono umanità e passione, con un monito alla scuola dei nostri tempi che resta ancora, per certi versi, un ospedale che cura i sani e respinge i malati.

 

 

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