Parte dal Piemonte con Safe la staffetta di aziende e associazioni per finanziare l’educazione alla non violenza di genere.
L’intervista a Stefania Doglioli, ideatrice del progetto di innovazione sociale. Il suo appello a Serena Dandini: “invitaci a Stati Generali”.
di Elisa Forte
Parte oggi da Torino il progetto di innovazione sociale ideato da Stefania Doglioli e promosso dal Centro Studi e Documentazione Pensiero Femminile, Apid– Imprenditorialità Donna e Cafid – Coordinamento associazioni femminili imprenditrici e dirigenti
Safe è la prima agenzia nazionale di fundraising che insieme a 25 associazioni sparse sull’intero territorio nazionale vuole garantire percorsi stabili di educazione alla non violenza di genere nelle scuole e nei centri giovanili sportivi, artistici e culturali. Percorsi che diversamente molte associazioni soffocate dalla burocrazia e dai tempi lunghi dei pagamenti non riescono ad erogare con continuità. Safe considera l’assenza di violenza di genere un bene comune e ritiene che le aziende possano contribuire a creare una nuova cultura nelle proprie comunità di riferimento, grazie al coinvolgimento diretto nei progetti che eroga delle/dei propri dipendenti e del territorio.
Stando agli ultimi dati Eures è evidente che la nostra cultura rende ancora molto deboli gli sforzi compiuti da chi cerca di contrastare la violenza di genere: sono 3.230 le donne assassinate dal 2000 ad oggi, 538 mila le donne che hanno subito violenza fisica o sessuale negli ultimi 5 anni,1.546 le ragazze minorenni stuprate negli ultimi 5 anni, 40 mila tweet negativi su 150 mila nel 2018, avevano come obiettivo le donne e 142 le donne uccise nel 2019.
Stefania Doglioli, phd in sociologia, una laurea in Statistica, venti anni di esperienza nella ricerca e formazione, un posto fisso e poi quella che molti considerano una follia. Hai deciso di mollare una vita comoda e ben delineata per una scommessa. Dunque, elencaci i tre motivi principali che ti hanno spinta a ideare Safe.
Egoistico: realizzare quello che avrei voluto esistesse quando ero una ragazzina sola alle prese con la violenza
Politico: abbiamo il dovere di contribuire a fare della società in cui viviamo il posto migliore possibile
Pragmatico:
semplicemente ce n’è bisogno, è l’obiettivo di sostenibilità sociale più
ambizioso e necessario che io riesca a vedere.
In cosa consiste l’unicità di Safe, perchè è diversa e in cosa da quello che già esiste
Non esiste nulla di simile a Safe, il contrasto alla violenza di genere, dal punto di vista della prevenzione, non ha una voce forte, una rete finalizzata esclusivamente al suo sostegno, un progetto nazionale che individui il suo termine solo col termine della violenza stessa
Safe parte da Torino ma in meno di un
mese approda anche al Sud in Puglia: per fare cosa?
Per rappresentare la territorialità del progetto, abbiamo una rete che copre tutte le regioni italiane e allora lo presentiamo da nord a sud. È uno degli elementi essenziali di Safe, ci rivolgiamo alle aziende garantendo prossimità territoriale e connessioni reali con le comunità che vivono intorno a loro. Per Safe il contrasto alla violenza è un bene comune, un elemento imprescindibile di sostenibilità sociale. Safe è per le aziende una opportunità reale per rispondere agli obiettivi di agenda 2030
Safe si candida a diventare una best
practice nazionale: ce la farà?
Innovazione sociale, didattica e impresa, ibridazione fra profit e non profit, sostenibilità, trasferibilità, networking evoluto e ricerca sono le parole chiave di Safe. Se ci aggiungiamo anche l’incredibile energia del team che lo sta realizzando direi che abbiamo ottime possibilità.
Cosa manca ai Comuni, alle Regioni, ai
ministeri per dare una svolta reale e decisiva al fenomeno della violenza di
genere
Un dialogo reale con chi ha le competenze per indicare strumenti e metodologie. Uno sguardo capace di considerare gli impatti a lungo termine, che hanno invece acquisito le aziende. Molto coraggio, tutto quello che serve per mettere in discussione una intera cultura, e modalità diverse di impegno ed erogazione dei fondi.
Un appello, uno per ciascuno, a tre personaggi
A Serena Dandini: ospitaci agli stati generali!
Ad ogni ragazza, sono tutte eroine sconosciute: non scoraggiatevi mai, tenete sempre presente che la vostra dignità e i vostri sogni sono la cosa più preziosa che potete difendere, anche quando cercheranno di toglierveli, anche quando lo faranno davvero, sappiate che potete sempre, in ogni momento, riprenderveli e chiedete aiuto perché dovremo convincere tutto il mondo del nostro straordinario valore e dovremo farlo insieme.
All’invisibile programmatore televisivo: fateci vedere donne alte, basse, magre, grasse, belle, brutte, esattamente come gli uomini che vediamo da sempre.
Chi vorreste al vostro
fianco, oltre le Fondazioni e gli imprenditori che hanno già iniziato il
cammino con il Centro Studi e Documentazione Femminile e lo staff di Safe
Tutta
la società civile, nessuno escluso, dai media mi aspetto un cambiamento nel
linguaggio che non può che partire da loro, a chi fa comunicazione propongo un
serio impegno di contrasto al sessismo, a ogni insegnante, genitore, individuo
chiedo di mettersi in gioco per rispondere a bambine e bambini che ci chiedono
di poter crescere con libertà, rispetto, desiderio e senza paura, vergogna o
colpa.
In bocca al lupo. Ci vediamo il 13 dicembre a Bari a Palazzo Fizzarotti per la seconda tappa italiana di Safe.
Scuola e amministrazione partecipa al progetto in qualità di media partner.
Infoweb: www.fundforsafe.org
Laura Di Mascolo
Ecco cominciamo con le parole: la violenza di genere è maschile.