• giovedì , 18 Aprile 2024

Per un umanesimo rigenerato

di Antonio Santoro

Il carattere fondamentale dell’umanesimo è stato così formulato da Montaigne: “Io stimo tutti gli uomini miei compatrioti”. E’ il riconoscimento degli altri nella loro piena qualità umana […].

L’umanesimo rigenerato non si limita a riconoscere l’unità umana, ma collega l’unità con la diversità umana […].

Il secondo carattere dell’umanesimo rigenerato consiste nel promuovere una dialettica costante tra l’Io e il Noi, nel collegare la realizzazione personale con l’integrazione in una comunità, nel cercare le condizioni affinché un Io si realizzi in un Noi, e il Noi possa permettere all’Io di realizzarsi

(Edgar MORIN)

Nel condannare l’invasione russa dell’Ucraina, Luciano Benadusi si chiede: “Quali lezioni ricavare per la scuola e più in generale per l’educazione da questa tragedia? Ne indicherò due – risponde subito dopo – basate su uno stesso presupposto: far assurgere l’educazione alla cittadinanza al rango di una missione fondamentale. La prima attiene all’importanza di fare acquisire la consapevolezza di appartenere ad una comunità non solo locale e nazionale, ma anche europea e globale, e dei conseguenti doveri di solidarietà […].

La seconda riguarda più direttamente la pace e la democrazia. La scossa emotiva provocata dalla guerra può essere […] per la scuola l’occasione per un’azione di alfabetizzazione etico-politica” che abbia come scopi specifici quelli di “educare i giovani ad una partecipazione politica informata, riflessiva e aperta al dialogo” e di “contribuire alla difesa della democrazia e al suo miglioramento”. (1). Una prospettiva formativa sempre più necessaria ed urgente, oggi che assistiamo alla nascita, “anche in Europa, (di) Stati neoautoritari” e che temiamo che nuovi processi regressivi possano rendere “inevitabile che gli Stati neoautoritari diventino neototalitari” (2).

Le indicazioni di Benadusi tornano sostanzialmente ad evidenziare gli impegni del sistema educativo “per una nuova cittadinanza” e “per un nuovo umanesimo”. In particolare:

– il compito di <formare cittadini in grado di partecipare consapevolmente alla costruzione di collettività più ampie e composite, siano esse quella nazionale, quella europea, quella mondiale>, e quindi <di educare alla convivenza proprio attraverso la valorizzazione delle diverse identità e radici culturali di ogni studente>;

– e quello di <diffondere la consapevolezza che i grandi problemi dell’attuale condizione umana (il degrado ambientale, il caos climatico, le crisi energetiche, la distribuzione ineguale delle risorse, la salute e la malattia, l’incontro e il confronto di culture e di religioni, i dilemmi bioetici, la ricerca di una nuova qualità della vita) possono essere affrontati e risolti attraverso una stretta collaborazione non solo fra le nazioni, ma anche fra le discipline e fra le culture> (3).

Obiettivi che nella scuola è possibile raggiungere – sottolinea il MIUR, nel documento del 2017 Indicazioni nazionali e nuovi scenari – se si pone al centro dell’azione educativo-didattica <il tema della cittadinanza, vero sfondo integratore e punto di riferimento di tutte le discipline che concorrono a definire il curricolo […]. Si tratta di dare una ancor più concreta risposta all’istanza già presente nelle Indicazioni 2012, quando affermano che è “decisiva una nuova alleanza fra scienze, storia, discipline umanistiche, arti e tecnologia, in grado di delineare la prospettiva di un nuovo umanesimo”>. E, per inciso, anche in grado, con il ricorso alla metodologia dello sfondo integratore, “di tenere insieme (in sede progettuale e in sede attuativa) obiettivi, contenuti culturali, attività, percorsi, tempi, strumenti…, e di conferire – in virtù di questi legami – senso alle proposte di lavoro scolastico, sostenendo così la motivazione dell’alunno e facilitando al tempo stesso <la riorganizzazione progressiva dei (suoi) ‘quadri concettuali’> e, più in generale, <lo sviluppo integrato delle (sue) capacità cognitive>” (4).

L’impegno del sistema educativo per un umanesimo rigenerato viene sollecitato, soprattutto, da Edgar Morin: perché nel tempo in cui viviamo “L’umanesimo è in crisi di fronte alle derive e ai ripiegamenti nazionalisti, ai nuovi fenomeni di razzismo e xenofobia, al primato dell’interesse economico su tutti gli altri. La coscienza della comunità di destino degli umani dovrebbe rigenerarlo e dare un carattere concreto al suo universalismo finora astratto; ciascuno potrà allora sentire la propria integrazione nell’avventura dell’umanità” (5). Dobbiamo – aggiunge, forse rivolgendosi in maniera specifica a tutti coloro che lavorano nel mondo della scuola – e “possiamo tentare di sviluppare (nell’uomo) ciò che di meglio c’è in lui, ossia la facoltà di essere responsabile e solidale. Solidarietà e responsabilità sono imperativi non solo politici e sociali, ma anche personali” e “i fini dell’umanesimo devono (perciò) realizzarsi in ciascuno di noi” (6).

Gert Biesta, sviluppando ulteriormente le riflessioni sulla responsabilità promozionale dell’insegnamento, con argomentazioni che meriterebbero di essere integralmente riprese nelle loro interessanti ed efficaci articolazioni, sostiene e precisa che <il compito educativo consiste nell’accendere, in un altro essere umano, il desiderio di voler esistere nel e con il mondo in modo adulto, cioè in quanto soggetto […] in grado di riconoscere l’alterità e l’integrità di ciò e di chi è altro da sé>, e in particolare di comprendere che <il mondo “là fuori” […] non è un mondo semplicemente a nostra disposizione, di cui possiamo fare liberamente ciò che vogliamo> (7). Per questo, l’impegno formativo non può che essere individuato in un’azione finalizzata a promuovere, nelle forme possibili, il realizzarsi non <di un processo tramite il quale superiamo o distruggiamo i nostri desideri – essi sono, dopotutto, una forza trainante cruciale nelle nostre vite –, ma di un processo di selezione e trasformazione che ci permetta di passare dall’essere assoggettati dai nostri desideri al diventare soggetti di essi […], in modo tale che si configuri una possibilità reale di vivere il mondo nella sua alterità e integrità> (8).

Si tratta di un traguardo che presuppone, nella scuola, condizioni particolari: innanzitutto, che l’itinerario per raggiungerlo abbia come ‘valore guida’ il rispetto delle differenze, e – poi – che la prospettiva educativa sia governata dalla consapevolezza che non è quasi mai sufficiente “la (semplice, formale) partecipazione a scuole e classi culturalmente eterogenee […] per favorire lo sviluppo di forme di apertura e tolleranza negli studenti”, e quindi per ridurre il “rischio di ostilità nei confronti della diversità” (9).

L’educazione al rispetto delle differenze richiede, infatti, “componenti procedurali” specifiche: in primo luogo, l’esempio, rappresentato da un comportamento degli insegnanti orientato al riconoscimento degli studenti, delle loro prospettive e specificità”; e, in secondo luogo, la “predisposizione di esperienze condivise” e la proposta/realizzazione di forme di dialogo e di confronto “su questioni controverse” (10).

E’ questa la strada da percorrere: peraltro doverosa, e probabilmente l’unica per allontanarci dai “dati Pisa 2018”, i quali restituiscono “un quadro allarmante circa la capacità degli adolescenti italiani di relazionarsi con l’alterità culturale”, mostrando “interesse e rispetto nei confronti delle altre culture” (11).

Note

1. L. Benadusi, Guerra e democrazia, Scuola democratica, 1/2022, pp. 8-9;

2. cfr. E. Morin, Cambiamo strada. Le 15 lezioni del Coronavirus, Cortina Ed., Milano 2020, pp. 61-65;

3. MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, Annali della Pubblica Istruzione, 2012;

4. A. Santoro, Uno sfondo per l’educazione alla cittadinanza, Scuola e Amministrazione, Aprile 2022, p. 8;

5. E. Morin, Cambiamo strada, cit., p. 51;

6. ivi, pp. 107-108;

7. Gert J.J. Biesta, Riscoprire l’insegnamento, R. Cortina Editore, Milano 2022, pp. 15-16;

8. ivi, pp. 29-30;

9. Valeria Fabretti e Davide Azzolini, Try walking in my shoes. Il rapporto con l’alterità culturale degli adolescenti italiani e il possibile contributo della nuova educazione civica, Scuola democratica, cit., p. 90;

10. ivi, p. 103;

11. ivi, p. 102.

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